«Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito
di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui» (Mt 3,16)
Colui che è nato in una stalla, adorato dai Magi, con il Battesimo nel fiume Giordano accetta
la condizione dei peccatori, dei farisei, delle prostitute; si lascia accomunare a loro accettando
la condizione di Agnello di Dio che con la morte «toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29). Per
questo il corpo di Gesù viene ritratto come morto, come posto nella tomba e le braccia distese
appaiono immobili. L'iconografia del Battesimo allude alla futura morte di Gesù (sembra deposto
nel fiume) e la sua figura ricorda quella della Sindone. Come nella creazione del mondo lo
Spirito di Dio aleggiava sulle acque, così nel Battesimo, in forma di colomba, lo Spirito Santo
discese su di Lui e consacrò le acque del Giordano. Battesimo, Sacrestia della Cattedrale di Santa Maria Reale dell'Almudena, Madrid, Spagna, settembre 2005.
GESÙ GUARISCE IL PARALITICO (Mt 9,1-8)
«Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico:
"Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati"» (Mt 9,2)
Cristo isolato, maestoso, dritto, è vestito con i colori con cui già nell'antica tradizione veniva
rappresentato: ha un manto blu, perché è Dio, e una tunica rossa, il colore che indica l'umano,
per dire che Dio si è fatto uomo in mezzo a tutta l'umanità. L'immagine rappresenta la scena
di quel paralitico che è stato presentato a Gesù scoperchiando il tetto e calandolo legato ad
un lettuccio. Cristo guarisce il paralitico con il dito di Dio e, tenendo nell'altra mano il rotolo
della Parola, gli perdona i peccati. Colui al quale sono rimessi i peccati è guarito, è salvato,
perché non è più solo, destinato alla morte, ma è di nuovo in comunione con Dio, che è la vita.
Il paralitico, libero dai lacci della malattia, comincia a rialzarsi nella vita nuova, abbandonando
il segno della sua condizione di peccato: il lettuccio "mortale". Cristo guarisce il paralitico per
indicare che il perdono è tanto reale quanto alzarsi e camminare.
Gesù guarisce il paralitico, Santuario della Madonna della Salute degli Infermi, Pozzoleone Scaldaferro, Italia,
marzo 2006.
PIETRO CAMMINA SULLE ACQUE (Mt 14,22-33)
«E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?"» (Mt
14,31).
Pietro è salvato dal flusso delle acque che stavano per sommergerlo, dopo essere stato colto dallo
spavento, proprio quando ha abbassato lo sguardo da Cristo per fissare gli abissi oscuri dell'acqua
sotto i suoi piedi. Non è secondo la natura dell'uomo camminare sulle acque, ma la persona
umana non è riducibile solo alla sua natura. La persona infatti ha il nucleo della sua identità
nella relazione con Dio, dal quale riceve la vita, l'amore, cioè la somiglianza a Dio stesso. Pietro,
afferrato dalle mani del Cristo Risorto, comprende che camminare sulle acque è possibile solo
tenendo fisso lo sguardo su Cristo.
Pietro affonda, Chiesa dei Santi Primo e Feliciano, Vrhpolje, Slovenia, novembre 2013
HO AVUTO SETE (Mt 25,34-35)
«Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere» (Mt 25,35)
La scena, in cui una persona visita il malato, gli offre da bere e lo avvolge in una coperta, mostra
che questi gesti confluiscono in ultima istanza a Cristo. Infatti il volto del malato ha i chiari
tratti di Cristo. Chi accoglie la vita costituita dall'amore e dunque che deriva dallo Spirito Santo
e a Lui affluisce pensa e agisce secondo tale vita. Il discorso di Cristo sul giudizio universale
lascia intravedere questo progressivo avvicinarsi al vero volto della vita alla quale si partecipa.
Cristo è nel malato che si visita e nell'assetato a cui si dà da bere.
Ho avuto sete, Chiesa di Tutti i Santi, Ljubljana, Slovenia, dicembre 2009.
TEMPESTA SEDATA (Mc 4,35-41)
«Si destò, minacciò il vento e disse al mare: "Taci, calmati!". Il vento cessò e ci fu grande bonaccia.
Poi disse loro: "Perché avete paura? Non avete ancora fede?"» (Mc 4,39-41)
Cristo è in piedi alla prua della barca e in posizione da Risorto compie un esorcismo sul mondo,
raffigurato da un turbine di vento dal quale emerge il volto capovolto di Satana. In questo episodio
si vedono i discepoli sperimentare la paura di fronte a una minaccia portata alla loro vita:
quella della "gran tempesta di vento" che riempie la barca di acqua. Gesù sacerdote è vestito
di una stola e con le braccia compie due gesti: uno di benedizione, con la mano destra, e l'altro
di liberazione dal male, con la mano sinistra che trattiene il rotolo del Vangelo. Il mare è già
pacifico, il cielo si è rischiarato, solo il diavolo sta sparendo su se stesso. Il mantello di Cristo
diventa la vela che raccoglie lo Spirito Santo, l'umanità nuova.
Tempesta sedata, Santuario di San Giovanni Paolo II, Cracovia, Polonia, marzo-aprile 2014
MAESTRO, DOVE ABITI? (Gv 1,35-39)
«Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: "Che cosa cercate?". Gli risposero:
"Rabbì, che tradotto significa Maestro, dove dimori?"» (Gv 1,38)
L'immagine traduce letteralmente il significato dell'espressione seguire: camminare insieme
con uno che indica il cammino. Uno dei discepoli tiene il rotolo della Parola, l'altro tocca la
mano destra di Cristo: hanno riconosciuto in Lui il Verbo che si è fatto carne e ha messo la sua
tenda in mezzo a noi. La tenda non fatta da mani d'uomo, l'eterno Figlio, si è unita alla tenda
tessuta da mani umane della Vergine madre. In questa doppia tenda della divino umanità di
Cristo siamo coinvolti anche noi: ecco perché i due discepoli sono vestiti nei colori della divino
umanità di Cristo. Sono due, ma sono raffigurati come un corpo solo, simbolo del fatto che la
vita in Cristo è un'esperienza comunitaria.
Maestro, dove abiti?, Cripta della Chiesa inferiore di San Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo, Italia,
giugno 2009.